Nel nome della Rosa de Veterbe. Il nome della perfezione.

Pare si sia scoperto che la perfezione non sia vita…perché non richiede arte. Ma solo intelligenza, che può essere anche artificiale.

la perfezione non ha bisogno di umanità.

L’arte si.

L’arte è nel cuore, e l’intelligenza è nella mente, così come la passione risiede nel ventre.

Ma… una vita, senz’arte…che vita è?
E’ come una vita… senza rose e senza spine.

Una morte senza aver vissuto.

Un canto afono…senza melodia.

Né gioie né dolori…

Una vita senza cuore.

Una vita senz’amore.

E’ una vita artificiale, dove all’umano non resta più nulla da fare…

Ma intanto, sogno.

Sogno germogli e bambini che giocano, risate come cascate cristalline e cuccioli che si rotolano tra palline colorate….

Alcuni semi nuovi, sfuggiti al grande mulino a pietra, sputati fuori dalla grande cloaca, poi sospinti dal vento, cadono al suolo, vicino e lontano, su prati, cespugli spinosi, sulla sabbia…nei torrenti…tra i ciottoli.

Rispunta la vita.

E io rido.

E io canto…

Mentre allestisco con arte ponti, portici e archi di rampicanti…costruisco capanne di rovi, rifugio di amici pittori e cantanti, viandanti,

 ed auspico ogni artista si funga maestro di vita…alla vita che ri-nasce…

Affrontando le spine con grande fluttuante, flessuosa maestria…tra i rovi dipinti dal grande mago del buio, io, da sotto al ciliegio, dove niuno è nemico, offro calici di succo d’amarene.

Brindiamo alla vita che ri-nasce, consapevoli di bastarci,

e non necessitiamo d’altro. La d’ove non politica…occorre, ma solo il soffio leggiadro, della cultura dell’arte,

magica, lucente, che tutto rende fiorito…

Arte come unica forma di pensiero naturale in grado di plasmare, fino a creare duttili forme danzanti…musicanti.

Forme d’arte che prendono vita.

Inizino le danze,

e inizi la danza d’amore puro il principe dei cigni leggiadri,

mitologici esseri natanti e volanti, che, sollevando il proprio peso…pur importante…diventano in grado di spiccare il volo, sfatando la legge della forza di gravità, fino ad altezze inimmaginabili…. ai gentili…polli…

Tanto in grado d’innalzarsi essi sono, quanto di navigare le correnti…e le contro-correnti.


Il vento tra le foglie e nel canneto sul lago vulcanico, suona dolci melodie che scendono fino a valle con la brezza del tramonto di color viola…

miscelando sogno e realtà in una magica pozione.

E nel mentre le brecce nere catramose delle rotonde d’asfalto nella città vecchia, si accendono di riflessi, allagate di sotto ai ruscelli che ormai l’inondano…

al tramonto…dopo la tempesta.

Fluenti e cristallini spruzzi di lucciole arcobaleno rallegrano il buio della notte che avanza…

Sotto ai lampioni di luce metallica che scorrono giù, lungo le vie impraticabili ma navigabili, e fino alle rotonde che si prendono per mano tra lunghi nastri di asfalto paralleli e distanti, quando le strade si ri-uniscono tutte, verso un’unica direzione – Roma non appare poi più…così..lontana.

Ma, qui, in questa valle vulcanica…eppure…dovremmo essere più al sicuro.

O almeno un tempo lo fummo, noi, qui.

In penombra, tra selve dai nomi strani che ricordano il male…come la selva di Malano, ma sembrano la materializzazione del bene e dell’incanto divino…possiamo ancora, qui, riposare le membra stanche, accaldate o infreddolite..

Qui dove le antiche strade “tagliate” nelle rocce plumbee, ci attendono, conducendoci su percorsi che conducono a loro volta a dimore fatate, alcune…più giovani e affrescate, altre grottesche, più antiche, tra cunicoli misteriosi e segreti, scavati nel tufo.

Luoghi che sembrano dipinti…irreali…Opera fantasy di umili ma genialmente folli artisti di strada,

tanto fantastici quanto impossibili…da esistere…

Eppure le nostre strade, quelle antiche, ancora …esistono…e resistono.

Strade tanto fresche e protettive, quanto serie, severe, pesanti e piene dell’antico fascino…dell’eterno pensiero…ci osservano.

Ascoltano il suono dei nostri passi che rimbomba, come racchiudessero spiriti nella roccia picchettata…e restano a guardare.

Aspettano.

Per loro il tempo non esiste.

Non possiedono gli strumenti della modernità.

Non necessitano di diavolerie moderne.

Qui, dove anche i poLLitici fuggiti, nel nome della Rosa, si sentono a casa propria,

Trattati da..Pascia’ come un tempo lo furono i Papi…

Essi si tolgono persino la cravatta, frustando l’aria al ritmo della musica armoniosa dei clavicembali che suonano tra le canne nel vento…
Dondolano… scivolando in sù, controcorrente, su ruscelli improvvisati su nastri d’asfalto tra le rotonde, dopo la pioggia torrenziale, e su tavole da surf riciclate, tentano di risalire la corrente trascinati dai cigni.
Non sarà facile…ma forse riusciranno nell’impresa, tra tanti miracolosi eventi…forse…

Nel nome della Rosa.
Le tavole, costruite con gli avanzi delle stecconate dei lavori in corso dei nuovi cantieri dei centri commerciali, ormai cadute, ondeggiano tra le rapide, tra i deflussi e i reflussi…della contro-corrente…
Nella danza del fluire, li seguono a ruota…i cigni…che collaborano al sospingere l’acqua in salita, con poderose spinte palmate.

Fuggiti del prato giardino…paradiso dei cinghiali… ora come mai…

alla ricerca di nuove “cove” per far nascere i loro dolci pulcinelli, spingono in su l’acqua…un pò come i salmoni…tra argini di rose senza spine creando vortici, e si trascinano appresso i più deboli…I ”pollitici”!

Oltrepassando le…infinite rotonde.

La purezza …trascina…così come il male…a volte.

E la natura, ci accoglie, con amore, in ogni nostra scelta e decisione…e ci osserva, dall’alto


Ci fu un tempo in cui una grande ruota panoramica, simbolo che fu, di quelle…infinite rotonde…ma fatta di pesante ferro e ferraglie, fu installata in quel prato giardino, ora regno di cinghiali.

Affinchè ai poLLitici, non potendo volare, fosse permesso di osservare di lassù…come fa il cielo con noi…

piccole formichine che sembriamo, noi, di lassù.

Ma prese anch’essa il volo…con loro, tra i cigni, e fu trascinata via… nella corrente.

Dove finì non si seppe mai.

Ma gli esseri viventi, no: i cigni, chiassosi e festosi, sanno dove andare.

Intanto, quaggiù, dopo la tempesta che trasformò le strade in torrenti schiumosi, ed i poLLitici in surfisti gioiosi, presto la carovana di cigni in transumanza…scomparse…

Tra battiti d’ali bianche e possenti, nel coro di starnazzi che fa da eco ritmato alla dolce melodia del vento…svanì.

 Svanì in una nuvola spiumata di piume..spumose…

Una nuvola che intanto sale, sale, sale…verso il monte cimino…lassù, sul picco dell’aquila…ora e anc’ora.


I cigni bianchi alla ricerca di “altre” acque, più fresche e ferme…in quota, giunti sul lago ghiacciato abbracciato dal vulcano cocente…lassù tra i sentieri di montagna…planano sopra al lago, scendendo dalla nube, con il piumaggio ancora grondante dai ruscelli di pioggia, prima percorsi, controcorrente.. in salita.

Si fermano, finalmente, allungano il collo, osservano…guardandosi indietro…in giù, verso la valle, le strade poco prima percorse,

prima di volare via.

Dopo tanta faticata navigazione, controcorrente, sui ruscelli in tormenta formatisi dall’acqua scivolata giù dai monti, delle strade in discesa…

inondando le strade, diventando paradiso dei surfisti,
cercano, cercano, tra i riflessi del tramonto che acceca un po’,

tra gli spruzzi e le rapide da poco superate…
Scrutano, scrutano.

Allungando ancor di più i lunghi bellissimi colli bianchi sinuosi, impermeabili ai veleni che scolano copiosi, ormai…dai depositi cittadini…

non vedono,

non vedono più gli umani onerevoli che prima, sospinti nel vortice di risucchio dalla loro leggiadra possente sgambata palmipede…si divertivano a lasciarsi trascinare dalle “bestie”, verso l’alto….ed a risalire la china, nonostante i disagi degli automobilisti bloccati, imprigionati nella corrente…sul fondo.

I cigni li vedevano navigare, sui loro geniali… surf…riciclati, colorati e vivaci, cantando…

“… Apelle figlio d’Apollo fece una palla di pelle di pollo. Tutti i pesci andarono a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo”.

Ma ora…Tutto tace, nella notte che avanza.

E gli umani onorevoli…non ci sono più…

Essi, i poLLitici, con le loro borse a palla di pelle di pollo a tracolla, non si vedono più.

Ma dove sono?

Ancor poco prima si udivano…in lontananza cantare un po’ sguaiati e stonati ripetendo, mentre giravano in tondo la filastrocca…

“Apelle figlio d’Apollo fece una palla di pelle di pollo. Tutti i pesci vennero a galla per vedere la palla di pelle di pollo fatta da Apelle figlio di Apollo”

Ma ora non si intravedono… più…

e neanche più la cantilena s’ode…
Erano lì, con i cigni, lungo i canali dai bordi arrotondati e fluenti, e nelle rotonde allegre…

Ora non si intravede, in lontananza, altro che un cielo terso, pulito, e le luci della città…e s’ode il silenzio.

La musica del silenzio.

La musica della notte.

La pioggia è cessata.

L’aria è fresca.

Tutto volge alla pace..

Gli uccellini si sono ormai quasi del tutto acquietati mentre aggiustano il piumaggio.

Lo starnazzare è placato.

Di lassù, dal lago, gocce cristalline pastellate, ancora riempiono l’etere, vaporizzando il tramonto di un fantastico multi-color-viola, mentre tutto assume un’aria fiabesca e medioevale che dà vita alle riflettenti, lucide, rocce del color del peltro,

dalle pareti rocciose dell’invaso del lago e dei canali, fino al grigio dei grandi massi del castello delle torture di Soriano.

Ci si avvia serenamente alla notte stellata.

Tutto canta di silenzio.

Un’altra notte è passata e presto un’altra alba giungerà.

Ma…

dove sono rimasti i poLLitici surfisti, non palmipedi, più adatti al razzolare che al volare od al nuotare,

ecologisti riciclatori di palizzate di cantieri dismessi e ora allagati…con i loro… surf?
E quei fantastici surf, colorati di lacca color rosso porpora clericale, saranno affondati nella sabbia, così senza ruote carrate, sulle strade bucate della provincia, da cui più facilmente può defluir la piena?

Dove sono finiti, “col…l’oro??

Credevano d’esser nel paese della cuccagna…e invece non ci sono più.


Orde di cinghiali affamati li hanno forse sgranocchiati tutti…finendo di distruggerli passandoci sopra…?

Avranno colto l’occasione di passare sull’arco-baleno?

O, come Il Pinocchio di Collodi, saranno finiti nel pancione della…balena?

Povero babbino.

Non se li meritava dei figli scomparsi nel nulla…almeno fossero stati di legno…potevano esser riciclati, o …galleggiare.

Come…Pin-occhio…

Lui ci aveva visto bene, Geppetto.

Lo aveva saputo ben riconoscere, il legno magico.

Chi potrà avere ora, il suo stesso sguardo…oculato?

Chi potrà tenere in mano la bacchetta che dà ridà vita ai semi dispersi in mare?

 E Come potranno ora riprendere la navigazione, senza surf né barcone, e senza poter galleggiare fino al mare nostrum?

Non gli resta ora, forse, ai residui di quel che sia, spiumati e marroncini come pollastri, che dirigersi alla grande discarica regionale….

Che cela di tutto e di più…

E pensare che un tempo non esistevano discariche e tari…da pagare.

I campi erano pieni di roseti tra i vigneti….

I boccioli profumati sembravano perle splendenti dall’odore mielato

I ciliegeti erano orgoglio della nostra provincia, così come i carciofi, le carote viola, trapiantati dagli orangeti olandesi,

Viola come i tramonti sul lago e profumosi come i nostri vasi da spezieria,

fatti per contenere i nettari preziosi.

D’estate inebrianti profumi addolcivano le serate danzanti delle api, mentre volteggiavano tra i fiori.

Abbiamo preferito allevare maiali…nelle nostre case, e tra i vicoli,

al curare le rose brindando con calici di sciroppo d’uva…e di ciliegia.


Eppure alla dottrina ce l’avevano insegnato:

Mai dare perle ai porci….

O rose ai cinghiali…e succo di ciliegia.

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